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collezione permanente

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"Due carabinieri e un cavallo”, 1961
olio su tela cm 70 x 90

Macchina, 1961
gouche su carta, cm 43x66

Studio per "Il matto assassino", 1968
matita su carta, cm 50x70

| Ugo Attardi
| Nato nel 1923 a Sora (Ge) da genitori siciliani,
| è morto a Roma nel 2006


Si forma al Liceo Artistico a Palermo e alla Facoltà di Architettura della stessa città. Nel 1945 l'amico Pietro Consagra lo invita a trasferirsi a Roma dove comincia l'attività di pittore e dove è vissuto fino alla morte. Ha partecipato a numerose Biennali di Venezia ed esposto in varie parti del mondo. Una sua scultura fa parte della collezione dei Musei Vaticani. Nel 1947 è tra i promotori del "Gruppo Forma 1" e nel 1961 aderisce al gruppo "Il Pro e il Contro".

L'opera "Due carabinieri e un cavallo" del 1961, nasce da uno studio eseguito nelle cascine di Cappella Cantone in provincia di Cremona, dieci anni prima, per una mostra promossa dalla CGIL che non si farà perché gli venne negato il permesso dalla Questura. E' uno dei tanti episodi oscurantisti di quegli anni, il divieto venne motivato dal fatto che i pittori dovevano dipingere "le cose belle" e non le miserie e le brutture …, infatti, i carabinieri raffigurati in questo dipinto mostrano la durezza di chi è messo a reprime la libertà piuttosto di chi deve difenderla. In quella occasione scriverà Attardi: "… a contatto con i contadini del cremonese, con questi uomini semplici, chiari, ricchi di umanità (…), che lottano per la pace e per il benessere, si sente il bisogno di essere onesti quanto lo sono loro e di lavorare in modo funzionale e preciso come essi lavorano. ... “. (Ezio Pagano)

"Macchina",  una gouache del 1961, oltre a rimandarci all'esperienza di Forma 1, strizza l'occhio, oltre che a Picasso, chiaramente citato, anche alla nascente Pop Art, grazie al soggetto carico di una straordinaria vivacità cromatica. L'abitacolo di una Fiat 1100 si popola, ospitando figure con l'espressione di chi sta provando l'ebbrezza della velocità, ma anche della paura. (Ezio Pagano)

Lo "studio" mostra un interno in cui si muove un uomo nudo. La figura, umana nel corpo, è sfuocata e quasi ferina in corrispondenza del volto, probabilmente per indicare la " ferocia e brutalità" dell'uomo che si riflettono sul mondo condizionandone gli eventi e rendendolo, appunto, matto. (Serena Oliveri)
























































 
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